UN RE DI PACE

Songtsen Gampo (noto anche come Tride Songtsen) è il primo sovrano storico del Tibet. Secondo alcune fonti nasce a Gyama, l’odierna Gongkar, capitale del regno fondata dal padre nella valle dello Yarlung. Le fonti sono concordi sulla data della sua morte (649 d.C.), mentre la data esatta della nascita è meno pacifica: se i tibetani la collocano tradizionalmente nel 617, numerosi altri studi sembrano escludere infatti che sia nato dopo il 605.
Figlio di Namri Songtsen – che aveva creato un potente esercito e si era impadronito del Tibet centrale – Songtsen prosegue l’opera del padre, riuscendo nel compito impervio di riunire sotto un unico comando quel variegato mondo di tribù dell’Asia centro-settentrionale che costituiva l’etnia tibetana. La sua guida pacifica il Tibet unificandolo da un punto di vista istituzionale, politico e territoriale, centralizzando il sistema statale e facendo finalmente coincidere il Tibet etnografico e geografico con quello politico.
Secondo il Libro dei Tang, che ricalca alcuni aspetti della sua biografia su quelli dei mitici sovrani celesti, Songtsen diviene re nella prima adolescenza, nel 629, dopo aver sconfitto i congiurati che avevano assassinato il padre. Dà così avvio a un’opera di consolidamento dell’unità tibetana, sia attraverso alleanze strategiche, sia con una serie di campagne militari coraggiose, come quella con cui, nel 638, attacca la Cina penetrando fino al Sichuan. Allargate in tal modo le frontiere del regno, prende dunque avvio il periodo d’oro della storia militare del Tibet, che diventa l’impero dominatore dell’Asia centrale per oltre 200 anni. È in quest’epoca di conquiste, nel 633, che Lhasa viene scelta come capitale, trasformandosi da una landa desolata in una città d’arte ricca di templi e palazzi bellissimi.

IL BUDDISMO E L’ALFABETO

Se l’unità del Tibet deve molto alla politica di alleanze perseguita da Songtsen, altrettanto importante per lo sviluppo culturale del popolo è la sua politica matrimoniale. È infatti grazie ai matrimoni con la principessa nepalese Bhrikuti Devi (Belsa in tibetano) e con la figlia dell’imperatore cinese T’ai Tsung, la giovane Táng Mung chang (Wen-c’eng Kung-chu – Gyasa in tibetano) che il buddhismo si introduce per prima volta nella cultura tibetana, iniziando ad affiancarsi e innestarsi alla tradizionale religione bon. Secondo la tradizione, infatti, entrambe le principesse, sposate nel 635 e nel 641, avevano nella loro dote matrimoniale anche alcune scritture e immagini sacre buddhiste, tra cui una statua di Buddha Sakyamuni portata da Gyasa e, pare, benedetta dallo stesso Buddha.
È anche per via del fascino suscitato nel sovrano dalle pratiche buddhiste delle sue consorti che il Tibet trova il suo primo alfabeto. Desideroso infatti che il suo popolo potesse leggere gli insegnamenti dell’Illuminato, nel 635 Songtsen invia in India un folto gruppo di eruditi allo scopo di trovare una scrittura che potesse adattarsi alla lingua tibetana. La ricerca dura anni, fin quando Thonmi Sambota, cui il re aveva affidato il comando dell’impresa, torna in Tibet con una sorta di alfabeto mutuato dalle scritture brahmi e gupta, analoghe al sanscrito e molto diffuse in quel tempo nei regni dell’India centro-settentrionale e himalayana.

VERSO ORIENTE

L’adozione di una scrittura di derivazione indiana avrà dei risvolti molto ampi nel tempo. La scelta di una grafia, infatti, comporta un avvicinamento culturale al modello mutuato che va ben oltre la soluzione tecnica. Per questo, creando una grafia così vicina al sanscrito, il mondo tibetano certifica – giù più di mille anni fa – un processo allontanamento irreversibile dall’area cinese cui lo legavano remote ascendenze etniche, per entrare a pieno titolo nell’universo della koiné indiana.

UN RE DI GIUSTIZIA

Il regno ventennale di Songtsen si chiude con la sua morte, avvenuta tra il 649 e il 650. Di lui e del suo regno giusto si ricorderanno ancora le riforme amministrative, l’introduzione di un sistema di pesi e misure, la costituzione di un esercito forte e sicuro. Innovazioni giuste di un re giusto, dopo il quale il Tibet sarà indelebilmente diverso.