IL GRANDE IMPERO SENZA PACE

La dinastia imperiale Ming (1368-1644), l’ultima grande dinastia cinese, si afferma al termine delle lotte tra il popolo cinese e i conquistatori mongoli della dinastia Yüan.
Contraddistinto da una prima fase di vivace espansione commerciale, e da una seconda tormentata da discordie e crisi interne, “Il Grande Impero dei Ming” svolge la sua epopea lungo l’arco di tre secoli. In quest’arco di tempo, al fondatore Zhu Yuanzhang – singolare figura di contadino condottiero autoproclamatosi imperatore dopo la cacciata dei Mongoli – succedono sedici imperatori e due capitali: Nanchino prima, Pechino poi. Sono tre secoli mai del tutto pacifici, coi Ming che si trovano più volte ad affrontare la pressione di Mongoli e Giapponesi sui confini, ma anche – guidati dal terzo imperatore, Yung-lo – intraprendere spedizioni verso i paesi dell’Asia sud-orientale.

UNA GRANDE FIORITURA, UN RAPIDO DECLINO

La guida dei Ming rinnova e fortifica nel popolo cinese una forte identità culturale, favorendo una considerevole fioritura artistica. È in quest’epoca, per esempio, che vengono eretti i palazzi della Città Proibita e portata a compimento la Grande Muraglia, iniziata durante le dinastie Qin e Han. Con la fioritura culturale, i Ming portano in dote anche una capacità di intrapresa e di commercio notevoli, che si esprime per esempio nelle epiche spedizioni navali di Zheng He attraverso il sudest asiatico o nell’esportazione delle ceramiche; e ancora all’intreccio di benessere culturale e materiale può ricondursi il prosperare del taoismo, soprattutto durante il regno di Jiajing (1521-1567), che ispira la costruzione dei tre famosi templi di Pechino: il Tempio del Sole, il Tempio della Terra e il Tempio della Luna.
Al culmine dello sviluppo, tuttavia, una sorta di germe dell’isolamento comincia a prendere piede, inaridendo lo slancio vitale della popolazione. Così, a fronte delle pressioni portoghesi, nel 1521 vengono chiuse le porte agli stranieri, costringendo anche i missionari ad abbandonare il paese e lasciando la sola Macao come porto commerciale e punto di contatto con l’esterno.
Sempre più chiusi ai traffici commerciali, colpiti da una serie di calamità naturali e da una crisi economica di grandi proporzioni, i Ming declinano rapidamente dal tardo XVI secolo. A porre l’ultima parola sulla loro storia sarà, nel 1644, il ribelle di stirpe Manciù, Li Zicheng.