UNA STORIA FRAMMENTATA

L’isola di San Lazzaro degli Armeni è una piccola isola nelle acque che sorge nella laguna di Venezia, a ovest del Lido, e ospita una comunità di Padri Armeni Mechitaristi, custodi di uno dei maggiori patrimoni mondiali di cultura armena.
Quanto sia legata la sua identità a quella armena lo si intuisce dall’appellativo di “Armenia in miniatura” con cui talvolta viene chiamata. Prima che padre Mechitar ne facesse un centro religioso, infatti, la storia dell’isola è una storia frammentata che alterna periodi di scarsa popolazione a periodi nei quali è del tutto disabitata. Le sue prime notizie ci arrivano con la decisione della Serenissima, nell’810, di affidarne la cura all’Abate del monastero benedettino di Sant’Ilario di Fusina. Un secondo “momento di gloria”, l’isola lo vive a partire dal 1182, quando vista la sua posizione solitaria, il nobile Leone Paolini vi trasferisce l’ospedale dei lebbrosi di San Trovaso, destinando l’isola a lazzaretto e dedicandone perciò il nome a San Lazzaro. Con il drastico ridursi dei casi di lebbra, inizia un declino che spopola gradualmente l’isola, lasciandola deserta fino al 1651, quando un gruppo di padri Domenicani profughi da Creta vi prende alloggio per circa 20 anni.

L’ARRIVO DEGLI ARMENI

Dopo un altro breve periodo di stanziamento gesuita e la successiva trasformazione dell’isola in fabbrica di armamenti, nel 1717 la Repubblica di Venezia dona per sempre l’isola ai monaci di padre Mechitar, che aveva visitato l’isola nel 1716 restandone favorevolmente impressionato. È in questo periodo che il nome dell’isola assume il genitivo “degli Armeni”, mentre per oltre vent’anni, fino al 1740, la comunità dei Padri Armeni Mechitaristi svolge lavori di restauro e riqualifica della chiesa e dei terreni intorno al convento. Una volta terminati i lavori, l’isola diviene, secondo i desideri di Mechitar, un centro di cultura e scienza volto a conservare e tramandare lingua, letteratura e tradizioni del popolo armeno. Ancora oggi la sua biblioteca conserva circa 170 mila volumi di cui 4500 manoscritti.