UNA LAICIZZAZIONE REPENTINA

Incoronato shah il 12 dicembre 1925 e imperatore dell’Iran nell’aprile successivo, il regno di Reza Shah Pahlavī si mostra fin da subito come un regno fortemente innovatore. Sulla scia di quanto negli stessi anni sta facendo in Turchia Mustafa Kemal Atatürk, egli punta infatti a una marcata e repentina occidentalizzazione dei costumi, a una laicizzazione capace di allentare – se non di abolire, come appunto accaduto in Turchia – la presa del califfato sulla vita sociale.
In questa prospettiva, da un punto di vista occidentale sono innegabili alcune importanti opere messe in atto dallo shah: nel giro di pochi anni vengono costruite importanti arterie stradali, ultimata e messa in funzione la ferrovia trans-iraniana, istituito un sistema di istruzione moderno e fondata l’Università di Teheran. D’altro canto, questo avvicinamento repentino a uno stile di vita e di pensiero piuttosto alieni dalla tradizione culturale e popolare del paese provoca ben presto frizioni con una parte non esigua del popolo. Non solo il clero, preoccupato di essere messo da parte o abolito come nella vicina Turchia, ma anche la gente comune, che vede rapidamente stravolgersi intorno a sé lo stile di vita nel quale è cresciuta.
Nel giro di un decennio, infatti, la locomotiva della modernizzazione alimentata da Reza Shah si lancia a velocità sostenuta verso un’auto-assimilazione al modus vivendi europeo. Oltre alle opere già citate, e all’assunzione ufficiale del nome Iran in luogo di Persia (1935), vediamo così la partenza sistematica di studenti in direzione dell’Europa, un’industrializzazione selvaggia e una forzosa de-islamizzazione dei costumi quotidiani, con le moschee spinte ad adottare le sedie e gli uomini a vestire all’occidentale, fino al divieto per le donne – con un decreto del 1936 – di indossare l’hijab o il chador.

L’ULTIMO IMPERATORE

È l’arrivo della Seconda guerra mondiale a interrompere i piani di Reza Shah. In ottimi rapporti economici con la Germania – e vista la numerosa quantità di tecnici tedeschi che lavoravano nei nuovi impianti industriali – allo scoppio delle ostilità l’Iran si dichiara formalmente neutrale. Tuttavia, ben presto la preoccupazione per il vicino Iraq, rifugio di numerosi nazisti e teatro di una rivolta in favore dell’Asse, oltre al bisogno di un corridoio più sicuro di quello artico per far pervenire armi e sostentamenti all’esercito russo, spinge gli Alleati a invadere il paese nell’agosto 1941 e a deporre lo shah, mettendo sul trono suo figlio Mohammed Reza.
Il primo decennio lo vede faticare nella gestione del potere, osteggiato in particolare dal primo ministro Mohammad Mossadeq e dal suo carisma, che nel 1951 lo porta a ottenere dal parlamento l’autorizzazione a nazionalizzare l’industria petrolifera di proprietà britannica. L’azione di esproprio di Mossadeq, e la sua successiva presa del potere, che spinge Mohammed Reza all’esilio, induce però inglesi e statunitensi a organizzare una missione segreta – l’Operazione Ajax – per deporre Mossadeq e riportare Mohammed Shah sul trono. È l’inizio di quella che di fatto per più di vent’anni sarà un’autocrazia sostenuta dal supporto americano.
La Rivoluzione Bianca iniziata da Mohammed nel 1961, e che aveva per centro la riforma agraria, non migliora tuttavia le condizioni economiche della popolazione. Queste condizioni, unitamente alla ripresa di politiche liberali filo-occidentali, gli alienano parti sempre più consistenti di popolazione: corrono i primi di giugno del 1963, quando Ruḥollāh Moṣṭafāvī Mōsavī Khomeynī, con un discorso in cui attacca lo shah, dà l’avvio a una rivolta di massa. È l’inizio di un quindicennio di tensioni che porteranno alla fine dell’Iran fin qui conosciuto e all’instaurazione delle Repubblica islamica.

LA REPUBBLICA ISLAMICA

Un anno dopo il suo duro attacco allo shah, nel 1964, l’ayatollah Khomeynī viene esiliato, a seguito di un tentativo di congiura verso Mohammed Shah. La sua espulsione non pacifica tuttavia il malumore interno, né le dure repressioni con cui il regime vi risponde. Si stima anzi che tra il 1970 e il 1978 il SAVAK – il servizio segreto interno iraniano – incarceri circa 100 000 persone, ne torturi 10 000 e ne uccida tra le 4000 e le 7500.
In questo contesto la spirale di malcontento si radicalizza facilmente, aizzata da Khomeynī dal suo esilio parigino. Sul volgere degli anni Settanta la situazione precipita: il 7 gennaio 1978 esplode la rivolta popolare contro lo shah; dopo un infruttuoso tentativo di trattativa, il 16 gennaio 1979 il sovrano fugge all’estero, mentre due settimane più tardi Khomeynī fa il suo rientro sul suolo natio dopo sedici anni di esilio. Il 1° aprile 1979 l’Iran diventa una repubblica islamica e nel dicembre successivo Khomeynī ne diviene la Guida Suprema, mantenendo la carica fino alla morte dieci anni più tardi.
Finisce l’era della Persia, inizia l’epoca di un regime nel quale una volta ancora si infrangeranno le promesse di benessere e di pace per cui il popolo lo aveva sostenuto. L’era più cupa della lunga, affascinante storia dell’Iran e della sua gente.