IL PROFUMO DELLA VERITÀ

È una bambina di tre anni, Masih, quando il regime degli ayatollah si instaura in Iran. Non si chiama nemmeno Masih, ancora, ma Masoumeh: il nome con cui si presenta al mondo lo assumerà più tardi, prendendo in prestito l’espressione persiana per “messia”.
Perché investita di una missione lo sembra, in un certo senso, la vita di Misah Alinejad (1976). Spirito precocemente libero e critico, ad appena diciott’anni viene incarcerata per aver distribuito dei volantini antigovernativi. Un’incarcerazione che non solo non la fa desistere, ma la porta invece ad andare avanti per la propria strada, iniziando nel 2001 a lavorare per diversi giornali iraniani, sempre tesa alla leale presentazione dei fatti e sempre pagando in prima persona. Come quando, nel 2005, un’inchiesta sui tagli allo stipendio dei deputati – che lei mostra essere fittizi e ampiamente sostituiti da numerosi “bonus” – le costa l’espulsione dal suo ruolo di giornalista parlamentare. O come quando, tre anni più tardi, attacca duramente il presidente Mahmoud Ahmadinejad (1956, nato Mahmoud Sabbaghian) e i suoi sostenitori, paragonandoli a delfini che giocano per ottenere un boccone di cibo dal loro domatore.

IL VENTO TRA I CAPELLI

Sempre più insicura in patria, nel 2009 Misah è negli Stati Uniti, dove tenta di intervistare il presidente Obama senza riuscirvi, poi in Inghilterra. È qui che, quasi per caso, prende avvio nel 2014 il movimento My Stealthy Freedom: dopo aver postato su Facebook una foto che la ritrae mentre corre in una strada di Londra – foto che lei pensa essere piuttosto ordinaria – Misah comincia infatti a essere inondata da centinaia di commenti di donne che la invidiano per la possibilità di sentire «il vento tra i capelli». Posta così un’altra foto a capo scoperto, ma dei suoi tempi in Iran, venendo subito imitata da numerosissime donne iraniane, che si ritraggono senza hijab.
È la nascita di un movimento, che sebbene in gran parte confinato sulle piattaforme social è pur sempre un sotterraneo atto di autoaffermazione personale e di accusa contro il regime teocratico. E nemmeno troppo sotterraneo, dal momento che su 7 milioni di follower, l’80% sono residenti in Iran: un numero enorme, se pensiamo a quanto possa essere rischioso, in Iran e non solo, mettere un “like” sotto il profilo sbagliato.
Il vento tra i capelli (The Wind in My Hair) è il titolo che Misah ha dato alla propria autobiografia, pubblicata nel 2018. Parole, fotografie: sembra poco, tutto sembra poco, quando la libertà è coartata e si vorrebbe viverla in pieno. Ma le parole curano e costruiscono, e la millenaria storia della Persia ce lo ha mostrato infinite volte. Dove arriveranno queste parole, queste fotografie, ce lo diranno il tempo e gli accadimenti.

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